Ho ammazzato Murakami

HoAmmazzatoMurakami

Allora, i fatti sono questi.
All’alba dei miei trentacinque anni mi ritrovo a scoprire questo meraviglioso scrittore giapponese, grazie alla lettura di una sua raccolta di racconti. Roba di quasi vent’anni fa e io me ne accorgo solo oggi, davanti a un tramonto su di una spiaggia siciliana.
Mi piace come scrive questo Murakami, la chiave onirico-surreale che spesso usa, un po’ meno il taglio asettico con cui squarta i sentimenti. Ciò detto lo trovo bravissimo e, se fossi capace anch’io di scrivere racconti, è proprio come lui che vorrei scrivere.
Ce n’è uno tra questi racconti, che mi ha colpito in modo particolare. Si intitola “Il nano ballerino” e parla di un tizio che lavora in una fabbrica in cui si producono elefanti. Questo tizio fa un sogno strano: un nano che mette su i dischi e che balla divinamente.
Nella fabbrica che produce elefanti, al reparto zampe, lavora una donna bellissima a cui piace ballare, che dice di no a tutti. Il tizio chiede aiuto al nano per conquistarla…
E qui sorge il problema.
Il problema è quella donna, che non è semplicemente “una donna bellissima”, lei la conosco. Lei è “Lei” e vive solo nei miei sogni.
Il punto è: come cazzo ha fatto Murakami a trovarla? Non sono forse solo nostri i sogni? Esiste la possibilità che qualcuno sogni i sogni di qualcun altro?
E’ evidente che sia accaduto così, perché il giapponese la descrive troppo chiaramente perché sia una semplice somiglianza.

Ecco perché adesso sto sognando il bosco in cui si chiude quel racconto e lo attraverso brandendo una sedia di legno.
I miei passi frusciano tra le foglie secche e l’aria buia, che filtra tra i rami, sa di rosmarino e fragole.
Le altissime cortecce cigolano il loro muschio a nord e spengono la luce, riempiendola di polvere di sottobosco e di sinistri voli nascosti dietro alle fronde.
Tra un passo e l’altro provo a riflettere su cosa dire a Murakami una volta che l’avrò trovato. Penso che “buongiorno” sia una buona soluzione.
Quando lo trovo, in una piccola radura, siede sui talloni, con le mani posate sulle ginocchia, busto eretto e occhi chiusi. “Buongiorno a te” mi risponde.
“Ciao Murakami, questa sedia è per te”
Lui abbozza un accenno di sorriso e placido mi dice:”Lei me lo aveva detto chiaro e tondo di non scrivere di noi, che tu avresti potuto reagire in questo modo. Come sempre aveva ragione.”
“Ora ti devo menare, Murakami. Lo capisci, vero?”
Lu fa “sì” con la testa e resta immobile.
“Non si sognano i sogni degli altri!” gli dico ad alta voce come motivazione della sua condanna a morte.
“Di chi sono i sogni?” risponde con le sue ultime parole.

Mi sveglio dal mio incubo urlando in preda a una esplosione di energia vitale, ho ancora nelle orecchie il rumore del legno che si spezza, che si confonde con quello delle ossa in frantumi e mi dispiace di scoprire che è stato solo un sogno.
Mi guardo le braccia: ancora reggono una sedia invisibile, rimasta nel regno di Morfeo, e sbuffo, alzandomi.
Erano giorni che non mi svegliavo così felice e carico.
Apro l’acqua bollente della doccia e la lascio scorrere, mentre in cucina mi preparo la colazione. Il vapore riempie di nebbia il bagno e appanna la finestra e lo specchio, sul quale un dito ignoto ha disegnato un fiore a cinque petali e ha scritto: “I LUV U”, ma io non vedo niente di tutto ciò.

Sto spremendo le arance e tostando il pane, lo sguardo è fisso ai sottotitoli che passano in televisione, il volume è troppo basso, non sento altro che il grattare dello spremiagrumi elettrico.
Hanno ucciso Murakami, vicino a Tokio in un bosco. A sediate.

12 commenti

  1. Che coincidenza… Anche io ho letto Murakami, per la prima volta, sotto l’ombrellone di una spiaggia siciliana.
    Kafka sulla spiaggia, un romanzo bellissimo.
    Ora però mi hai incuriosito con ‘sta storia dei racconti. So già quale sarà la mia prossima lettura.

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