Il filo dell’orizzonte

C’è un morto, ma nessuno si allarma: è perfettamente normale.

Siamo in un obitorio.

Basta girare, premendola, la maniglia a leva e “clic!”: il cassetto scivola fuori lentamente. Prima i piedi, le gambe, il tronco e infine la testa.

Chi è questo segaligno, barbuto, “occhi azzurri”?

Nessuno lo sa, i documenti sono falsi, alla Polizia non interessa più di tanto, pare l’abbiano ammazzato i suoi compari durante la sparatoria. E’ morto ammazzato ben prima dei trent’anni. Non interessa a nessuno.

In realtà a Spino questo morto interessa, ma lui non sa neanche il perché. Lui li cataloga i morti, li stocca, li spedisce: è lui a gestire quello che definisce “il magazzino della vita”.

Spino, che è più a suo agio coi morti che con i vivi, si mette a incontrare gente, per cercare di scoprire l’identità di questo ignoto cadavere.

“Perché vuole sapere di lui?” gli chiede il prete. “Perché lui è morto e io sono vivo”.

E così parte, ma presto si perde di una città che [la quarta di copertina dice] forse è Genova* e poi per i vicoli del pensiero, sempre più distante dai fatti oggettivi, sempre più alla rincorsa di quel filo dell’orizzonte che si sposta, sempre un passo più in là.

Che senso ha tutto questo cercare? Che senso ha tutto questo?

Nelle note a margine Antonio Tabucchi scrive: “Questo libro è debitore di una città, di un inverno particolarmente freddo e di una finestra. Scriverlo non mi ha procurato eccessiva allegria…”

Esistono poche recensioni in rete di questo romanzo e, tra le poche che ho trovato, molte tradiscono grossolane imprecisioni dovute al non averlo letto o l’averlo letto di fretta. Ciò detto non è un libro difficile, tutt’altro, forse è doloroso, faticoso, perché riga dopo riga sposta l’obiettivo prima verso e poi dentro di noi.

E’ un po’ come farsi un’autopsia dell’anima.

*”Forse è Genova” un cazzo: è proprio Genova. Nel capitolo 18 si descrivono minuziosamente alcune tombe del Cimitero Monumentale di Staglieno, davanti alle quali stazionavo meravigliato ogni volta che si andava a “trovare i nonni”. Sì ok, qualche dettaglio di fantasia c’è, ma fidatevi: è Genova. L’odore è quello.

8 commenti

    • Scusa se rispondo solo ora ma, per gli insondabili misteri di WordPress, il tuo commento era finito in spam.
      E’ un libro (e soprattutto un autore) che merita attenzione.
      Una voce unica nella nostra letteratura recente.

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